L’uomo di Londra di G. Simenon

“Sul momento ci sembrano ore come tutte le altre. Solo in seguito ci rendiamo conto che erano eccezionali e cerchiamo disperatamente di ricostruirne il filo smarrito..”

Louis Maloin, ferroviere, addetto agli scambi nel porto di Debbie, in Normandia, “da quasi trent’anni, compie gli stessi gesti, alla stessa ora e nello stesso posto, ma quella notte gli sarebbe rimasta impressa in ogni minimo dettaglio”.

Un uomo misterioso con cappotto e cappello, una valigia che, dal traghetto appena arrivato,  come in un gioco di prestigio, gli vola tra le braccia, e finirà, insieme a lui, inghiottita dalle acque del porto e un assassino a piede libero. Nella cabina sospesa, in una notte limpida e senza nebbia, Maloin diventa, suo malgrado, il testimone ed il protagonista inatteso.

In quel quel momento, però, quando avrebbe potuto fare qualcosa,  la sua coscienza ha un passaggio a vuoto. Solo più avanti si chiederà, senza trovare una risposta, perchè non avesse chiesto aiuto mentre assisteva all’omicidio. Fu la paura o fu per quello che poi avrebbe messo in atto e che con il passare dei giorni perderà l’appeal iniziale per rivelarsi per quello che era davvero: una sfida, si, all’assassino, ma anche e soprattutto alla vita che conduceva?

Maloin e l’assassino, entrambi colpevoli,  si cercano, si annusano: cacciatori e prede al tempo stesso. Hanno entrambi paura, si sentono in trappola, ed entrambi , quasi alleati, devono guardarsi dalla Polizia francese e da Scotland Yard. Il destino alla fine li metterà di fronte in un crescendo e tragico finale.

L’uomo di Londra,  più che il racconto di un omicidio e della caccia all’assassino, è lo svolgersi di un dramma, la trasformazione di un uomo mite e abitudinario che,  di fronte ad un evento imprevisto e più grande di lui, si illude di avere la forza per trasformarlo nell’ opportunità che non ha prezzo: quella di uscire dall’anonimato.

Un’altra magia del buon Simenon.