
Aria di famiglia – un libro di Alessandro Piperno
“Mia madre era morta: forse ammazzata, forse no, Mio padre aveva passato uno spicchio significativo di vita adulta in galera: con buone probabilità, ingiustamente. A incaricarsi della mia educazione era stato uno zio ricco e benintenzionato , ma quanto mai inadatto a capirmi e a tenermi testa…”
Sono trascorsi trent’anni dai fatti raccontati in “Di chi è la colpa” , e per il protagonista, “prof.’ non è più solo un appellativo affibbiatogli dai compagni del Liceo. Affermato docente universitario di Letteratura, con alle spalle diversi successi letterari, il cinquantenne Prof. Sacerdoti deve fare i conti con un calo di interesse sia per l’insegnamento che per la scrittura oltre che con uno “spirito del tempo” ipocrita e moralista che subordina alla biografia personale, fino a condizionarlo, il giudizio sul valore letterario di un autore e delle sue opere.
Un clima culturale che lo porterà a doversi discolpare dall’accusa di misoginia per la semplice citazione di alcune frasi di Flaubert con il conseguente rifiuto di una ritrattazione che gli appare a tutti gli effetti un’abiura e che gli costerà la cattedra esponendolo ad una caccia alle streghe che lo allontanerà anche dal mondo editoriale.
Estromesso dai due mondi, accademico e letterario, che fin lì si erano assunti il compito di definirlo, una confortevole “torre d’avorio” che ora rivelava la sua natura artificiosa, il nostro protagonista si trova, ancora una volta, alla deriva e alla ricerca di se stesso. Se da ragazzo la salvezza si era incarnata nella posticcia sostituzione della famiglia di origine, oggi, ironia del destino, in una sorta di inversione delle parti, sarà proprio un ragazzino, Noah, suo lontano parente che, come lui allora, è rimasto orfano , a rappresentare una nuova opportunità, una strada , nuova per lui perchè gli è sconosciuta , ma antica come le radici di un albero secolare.
Si troverà , senza averne un’esperienza autentica, a dover costruire faticosamente un’embrione di famiglia, qualcosa che conosce appena e della quale possiede solo piccoli frammenti di memoria oltre a misurarsi con un’incapacità cronica, figlia del suo passato, a tessere relazioni affettive. Riuscirà a far crescere, senza perderlo, quel tenue filo che il destino gli ha dato in prova? A dare forma compiuta a quell’aria di famiglia che intravede nello sguardo e nelle fattezze di Noah e a mettere insieme le due solitudini?
Con una scrittura sublime, vero valore aggiunto del libro e quasi un racconto nel racconto l’autore da seguito alla storia del Prof. Sacerdoti, soffermandosi sull’intreccio tra le sue due ossessioni: la famiglia come fonte identitaria e la scrittura a rappresentarne quasi il surrogato, figlie entrambe di un passato e di un destino che privando il protagonista di un autentico vissuto familiare, gli regala, in una sorta di compensazione, il talento per esorcizzarne l’assenza.
Un racconto che ci fornisce in controluce una visione della Letteratura e dell’arte in genere, profondamente laica: cosí come la qualità della produzione letteraria di un autore di due secoli addietro non può essere messa in discussione, semplicemente perchè oggi la sua biografia personale appare biasimevole, allo stesso modo non ha senso indagare sui motivi che inducono il protagonista a scrivere: “ Non concepisco la scrittura come una necessità, un privilegio, un destino ma più modestamente come un ripiego. Sono abbastanza certo che se la morte non mi avesse mostrato cosí precocemente il suo grugno ostile, avrei intrapreso un’altra professione. Scrivere per far tornare i conti? Che sciocchezza..se non trovi conforto nella preghiera..non ti resta che votarti a questa forma di spiritismo laico e immanente.Ecco perchè proprio io che non ero riuscito a metterne su una come Dio comanda, ero cosí ossessionato dalle famiglie … il luogo privilegiato della farsa che mi aveva forgiato..”
Quello che cerca di dirci l’autore è che l’unica unità di misura dell’Arte è il talento e che la morale e l’etica appartengono ad una sfera diversa. Faremmo un errore a cercare in un opera l’adesione o meno ad un modello valoriale, o ad assegnargli un compito diverso dall’espressione stilistica od estetica.