
Consensocrazia
La democrazia in Italia, grazie alla Costituzione che ne regola forme e poteri, è al riparo da derive autoritarie, o per meglio dire, ha in dotazione i pesi e i contrappesi per stroncare sul nascere ogni stortura, a patto però che queste si rivelino palesemente antidemocratiche. Ma esistono dei pericoli che sono tali pur non avendone le sembianze e che i nostri padri costituenti non potevano prevedere, per i quali il “sistema immunitario” della democrazia non possiede i necessari anticorpi.
La trasformazione della società avvenuta negli ultimi quarant’anni, soprattutto nel campo della comunicazione (televisioni anni 80/90 – internet e social media negli ultimi vent’anni), ha prodotto degli effetti “distorsivi” nel processo democratico che, come in un processo “autoimmune” , ne aggrediscono la natura stessa, andando a colpire il punto nevralgico del processo democratico, quello attraverso il quale il cittadino partecipa alla vita politica del paese realizzando l’art.3 della costituzione: informazione – formazione del giudizio – voto.
L’immediatezza della comunicazione web/televisiva che azzera quasi la distanza con l’elettore/consumatore e che, a differenza di quella stampata, sfugge l’approfondimento prediligendo, per sua natura, la semplificazione, spesso mistificatoria, ha trasformato radicalmente il modo di agire della politica, cambiandone non solo il linguaggio ma perfino il campo di azione. La politica si riduce cosí a ricerca del consenso e la ricerca del consenso, soprattutto con l’affermarsi dei social network come strumenti comunicativi di massa, grazie ad una pervasività inimmaginabile un tempo e resa possibile dall’Intelligenza artificiale (algoritmi), si trasforma in arte del condizionamento, della manipolazione, alimentata inoltre da un sondaggio perenne , uno strumento che rischia di perdere la sua neutralità, in un cortocircuito che coinvolge tutti i mezzi di comunicazione, nessuno escluso.
La politica, già a corto di visione e incapace a leggere i cambiamenti nonchè a fronteggiare le conseguenze del progresso tecnologico, soprattutto nel campo del lavoro, fugge dalla complessità del paese reale e dalla propria debolezza, per trasferirsi in un terreno a lei più congeniale perchè più semplice da affrontare dove va in onda un’ eterna partita, con in palio il consenso come scorciatoia per il potere. Un consenso a basso prezzo, in fondo: qualche bandiera identitaria, la demonizzazione dell’avversario, l’autoassoluzione rispetto al passato etc.. Una sterile battaglia dove tutti vincono a parte la Politica, la vera sconfitta, che abdica a se stessa, alla sua originaria missione. La politica per la quale l’ennesimo ed ultimo disastro ambientale non è stato che un tempo di quell’ eterna partita, una magnifica occasione, un affare capitato all’improvviso su cui lucrare il più possibile.
Ma se il consenso si mette in proprio stabilendo tempi e modi della politica che ne è o ne sarà della qualità della democrazia ? La prima conseguenza è che la riduzione della politica a mera costruzione del consenso e l’abbandono progressivo del presidio sociale si traducono nello sviluppo di zone franche prive di tutele e diritti, nella configurazione di uno Stato “a numero chiuso” del quale è sempre più difficile fare parte e nel quale, una volta usciti, non si rientra più. Uno Stato per pochi, votato da pochi, in una plastica dimostrazione di democrazia tradita, perchè limitata. L’aumento progressivo dell’astensione, assegna di fatto, ad un sempre più ristretto numero di persone, il destino del paese: nell’ultima tornata elettorale la coalizione vincente rappresenta, in termini di potenziale elettorato, poco più del 20% degli aventi diritto. Ma oltre al rischio di metabolizzare l’idea di una democrazia ridotta, un ossimoro di sè stessa, esiste quello che, nel disinteresse di buona parte del paese, obnubilato da un’informazione tanto continua, quanto superficiale e manipolata (e l’Intelligenza Artificiale non ha ancora dispiegato appieno le sue potenzialità …), una maggioranza/minoranza possa, senza violare la Costituzione, modificarla, cambiandone il senso.
Esiste un rapporto diretto tra qualità dell’informazione e qualità della democrazia, tra manipolazione della parola e falsificazione del processo democratico. Oggi tutelarne la qualità e l’indipendenza è sempre più difficile. Ci si domanda spesso se il modello di democrazia occidentale , cosí come lo abbiamo conosciuto, sarà in grado di sopravvivere ai cambiamenti in atto. Quella dell’informazione è una strada che porta dritta al cuore della democrazia. Solo facendo continua manutenzione ad un bene cosí prezioso, evitandone abusi e appropriazioni inedibite, la democrazia potrà essere più forte di ogni cambiamento. .
3 commenti
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Caro Beppe condivido in pieno ogni parola.Credo(purtroppo)che in futuro gli slogan ,gli insulti e la demonizzazione dell’avversario saranno sempre crescenti e il disinteresse della massa aumenterà di conseguenza.La politica si adegua agli pseudo valori che dominano la comunicazione che sono sempre più semplificati..La nostra generazione dibatteva nelle assemblee,lottava per certi valori (a volte utopistici),si confrontava(a volte non pacificamente)ma era viva e,permettimi,anche più colta.Ora i giovani sono schiavi della deriva tecnologica che veicola pochi e grossolani concetti .Non interessa l’approfondimento e l’andare oltre..Rimango stupito sia dalla generale ignoranza sia dal disinteresse delle giovani generazioni..Se parli di Gramsci, Gobetti o Salvatorelli (che ho avuto il piacere di studiare tanti anni fa)parli di personaggi e di pensieri sconosciuti ai più..Tuttavia non c’è solo la mancata conoscenza del passato (che aiuterebbe a capire meglio il presente)ma anche una mancata presa di coscienza delle problematiche sociali e dello sfruttamento della massa lavoro e di un’accettazione generalizzata del precariato..A questa scarsa percezione delle diseguaglianze si associa un’informazione “pilotata” che mette in un angolo le voci contrarie(dai vaccini alla guerra Russo Ucraina)..A fronte di un pensiero “omologato” come può nascere un dibattito sui rischi di una mancata alternanza democratica? Una informazione il più possibile pluralista è quanto mai necessaria e ovvia ma ci deve essere una platea interessata ..Una buona parte della nostra generazione lo è ma si può dire lo stesso di quelle più giovani schiave dello smartphone?( che dubito venga usato per approfondire e confrontare le informazioni)..Nessun giudizio morale ovviamente perché loro sono le prime vittime di un mondo portatore di false priorità..
Caro Beppe sottoscrivo ogni parola..Credo che tuttavia il processo che acutamente sottolinei sia irreversibile per una serie di elementi.In primo luogo per una mancata o
Insufficiente percezione dei pericoli di una deriva antidemocratica che è il risultato di un disinteresse crescente per il mondo della politica (e di cui l’astensione in preoccupante aumento è il segnale più tangibile specie nelle giovani generazioni).
La nostra era appassionata:basti pensare alle assemblee studentesche e alle manifestazioni di piazza in uno scontro e confronto di ideali,a volte utopistici e a volte espressi in modo acceso o violento ma che erano il risultato di una passione politica.E,lasciami dire,la nostra generazione era mediamente più colta.Se parlo a un giovane del pensiero e degli scritti di Gramsci, Gobetti o Salvatorelli (sui quali ho studiato ai tempi universitari)lprobabilmente non avrei quasi nessuna risposta.
La comunicazione arriva in modo “rozzo” e per slogan di facile presa nei quali l’avversario politico viene demonizzato.Non c’è confronto e manca la voglia di andare oltre e capire ..
Questo sia (in gran parte)per la semplificazione dovuta a un uso crescente della “informazione”via social e sia per effetti di fenomeni quali lo sciagurato “Berlusconismo’che ha fatto dell’opposizione alla politica tradizionale uno dei suoi cavalli di battaglia…
Non stupiamoci quindi di questi risultati.
A questo si aggiunga un’informazione subdola e mirata che mira a demonizzare le voci fuori dal coro come si è visto recentemente nel dibattito sui vaccini e sulla guerra Russo Ucraina (che sono situazioni estremamente complesse e variegate).Confrontare e approfondire le diverse fonti di informazione dovrebbe essere necessario e doveroso ma si preferisce sorvolare..E le prime vittime di un pensiero omologato sono proprio le giovani generazioni (purtroppo)
Grazie caro Alberto del tuo commento. Hai ragione ad esser scettico. La politica è partecipazione altrimenti si riduce, quando va bene, ad una croce su di un simbolo. Forse ai “nostri tempi” era più facile perchè sapevamo che potevamo cambiare qualcosa. Oggi anche se i media accorciano le distanze in realtà ci allontanano e ci fanno sentire solo degli individui e non una comunità con gli stessi problemi e diritti. Abbiamo perso i luoghi (fisici) dove ciò era possibile e non abbiamo ancora trovato un’alternativa… Forse verrà il momento che le nuove generazioni stanche di subire riusciranno con i loro mezzi a farsi “classe”…speriamo.
Salutami gli “spezzini”
A presto