I confini della Democrazia e l’Europa

I confini della Democrazia e l’Europa

Gennaio 13, 2024 2 Di beppe orlando

La Democrazia intesa come soggetto politico che si fa Stato, tanto da diventarne complemento e sinonimo, arranca e fatica sempre più ad assicurare in maniera diffusa, rispettando il principio di uguaglianza,   la democrazia “sostanziale”, risultando quindi sterile se sterilizzata del criterio di universalità. Affermatasi nel Novecento come metodo, come lo strumento ideale per distribuire benessere sociale ed economico nella libertà, appare sempre meno all’altezza del compito, oggi nel nuovo secolo ed agli albori del terzo millennio, caratterizzati come sono dalla progressiva perdità di sovranità degli Stati.

Nuove istituzioni (Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale, BCE etc…) e nuovi attori economici globali, in ossequio alla globalizzazione e alla libera circolazione di merci, capitali e lavoro, sottraggono agli stati sfere di competenze sempre più ampie e limitando il loro raggio d’azione è come se in qualche modo ne riducessero i confini, come se una parte dei loro cittadini fosse semi-apolide dipendendo la loro vita lavorativa e sociale da processi decisionali transnazionali invece che interni allo Stato che dovrebbe rappresentarli . È qui, in questo deficit di rappresentanza che si traduce in sfiducia e fuga dal processo democratico, il primo e più importante fattore di crisi delle democrazie.

In questa sorta di governance a più livelli che priva sempre più gli Stati-nazione di autonomia politica, quasi a disegnare una nuova cartina “geopolitica”, la democrazia come l’abbiamo conosciuta, rischia di fare la fine del “vaso di coccio”, proprio per il mismatch tra “ zona di competenza” e “ zona di influenza” del Poteri Statali e di pagare un prezzo altissimo: ridursi a simulacro di se stessa. Se la Politica non riesce a compensare la perdità di sovranità, attenuandone le conseguenze, la stessa non potrà che tradursi in riduzione della democrazia reale ed aumento delle diseguaglianze generando paure, rifiuti e ritorni a pulsioni identitarie già condannate dalla Storia. Ma dobbiamo domandarci se la politica sia o no all’altezza del compito, e quale strategia addottare a fronte di un processo di globalizzazione della politica stessa.

Di fronte alla mondializzazione dell’economia e conseguentemente delle politiche che necessariamente ne devono riflettere l’interdipendenza, già ora si possono delineare, nel concerto dei paesi europei, sostanzialmente due approcci: il più rappresentato va nella direzione di mantenere sostanzialmente lo status-quo con una leggere tendenza a creare strumenti di cogestione per cercare di dare una risposta unitaria e più forte ai problemi degli stati; il meno rappresentativo, ma in crescita, mira all’aumento delle divisioni tra stati, in nome di un ritorno a politiche che privilegino le identità nazionali viste come antidoto alla perdita di sovranità e nella speranza che l’Europa si limiti a condividere solo la politica monetaria. Il primo si ispira all’unità dei valori comuni ma senza avere la forza di proporre ed attuare un vero e proprio disegno unificatore, il secondo, al contrario, all’esaltazione delle differenza, assurta a valore stesso e non è un caso infatti che i paesi cosiddetti “sovranisti” siano sotto osservazione per il mancato rispetto dei diritti alla base dell’Unione Europea.

Emerge in entrambi gli schieramenti, seppur cosí diversi, la ritrosia a fondere la propria identità nazionale in un’unica identità europea. L’incapacità a vedere in questa comunione di differenze un valore aggiunto e non la perdità delle proprie tradizioni e prerogative. Quello del quale faticano a prendere atto è che la globalizzazione, che secondo la Banca Mondiale ha contribuito a far uscire dalla povertà circa 200 milioni di persone nel mondo, è un fenomeno irreversibile e se vogliamo che le democrazie continuino ad essere tali e che riescano ad opporsi al loro declino in un mondo che, ricordiamocelo bene, le vede in minoranza, occorre che i loro confini si allarghino globalizzandosi a loro volta. Il loro destino è legato indissolubilmente a quello dell’Europa Unita che solo se veramente realizzata è in grado di di assicurarlo. Di fronte alla diminuzione di sovranità degli stati conseguita alla globalizzazione occorre opporre un’unica democrazia, un’unico confine: l’Europa.

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