I diritti, la guerra ed il Cigno Nero
È come se il tempo dell’umano sentire avesse invertito la rotta. Mentre quello della tecnologia e della scienza procede spedito verso un futuro ricco di “promesse” , il tempo del senso di noi, di quello che siamo e vorremmo essere ed il tempo della speranza, non riescono a tenere il passo, anzi. Come disorientati e impauriti, siamo tentati dal percorso inverso, quasi che la spinta propulsiva dell’illuminismo, dell’umanesimo e della loro migliore applicazione possibile in politica, la democrazia, avesse esaurito la propria energia, tanto da non riconoscere più, come naturale compagno di viaggio, una scienza capace di migliorare le condizioni del nostro vivere.
Ovunque, anche nell’Occidente laico ed illuminato, l’Occidente del progresso scientifico e dei diritti civili, le acque sono agitate da una recrudescenza di pulsioni identitarie ed il tema religioso, brandito spesso pretestuosamente, ritorna ad insidiare la politica ed avvelena il rapporto tra gli Stati. La visione laica del bene pubblico con annessa libertà di scelta ed il diritto internazionale regolatore dei conflitti tra Stati, sembrano lasciare il posto ad una visione irreggimentata e confessionale dello Stato e ad un pericoloso avanzare di un “diritto del più forte” in campo internazionale.
L’attacco ai diritti come l’aborto, in nome di una visione “etica” dello Stato e lo sdoganamento del tabù del conflitto militare come opzione possibile, stridono in maniera inaccettabile con l’idea di progresso e di futuro. In una sorta di maleficio moderno, il Cigno Nero dell’incomunicabilità , degli egoismi identitari e dei fondamentalismi religiosi sorge dalle ceneri di un passato che credevamo sconfitto per sempre con l’intento di ipotecare presente e futuro.
Di fronte alla forza “centrifuga” di una ricerca scientifica e tecnologica sempre più performante che ha modificato e modificherà ancora il modo di produrre, ma che se gestita in ottica “umana” potrebbe essere in grado di migliorare le condizioni di vita e ambientali (salute e lavoro) e a strascico estendere la sfera dei diritti, coniugando cosí tensione al progresso e rafforzamento delle libertà (libertà di pensiero e relazionale; libertà dal lavoro faticoso, dalle malattie e da un fine vita doloroso) la Politica risponde incerta, balbetta e si divide. Manca un nuovo pensiero, una nuova visione in grado di non lasciare per strada, percorrendo quella del Progresso, la Giustizia Sociale.
Se vogliamo che non prevalga la forza “centripeta” e distruttrice del Cigno Nero, che si fa forza della paura del nuovo e delle debolezze della Democrazia, va ripensata per intero la nostra Società. Va ripensato il nostro modo di distribuire una ricchezza che sempre meno dipende dal Lavoro e si accentra nelle mani di pochi, tendenza che le nuove tecnologie non potranno che accentuare; un nuovo welfare che tenga conto dell’invecchiamento della popolazione e nuove politiche demografiche; ma soprattutto è indispensabile una riforma fiscale che “aggredisca” la ricchezza non più e non solo dove viene prodotta (lavoro e aziende) ma soprattutto dove la stessa si accumula e cresce indisturbata.
L’Occidente è a un bivio epocale. È, nel complesso, tecnologicamente e finanziaramente ricco come non mai, ma sempre più “ingiusto” e nonostante sia estremamente povero di idee, dovrà decidere, ed in fretta anche, pena il decadimento delle Democrazie, quale delle due strade imboccare: se rendere le nuove tecnologie un moltiplicatore di opportunità e di libertà, o al contrario, un’arma pericolosa in mano alle Autocrazie.
Confesso di essere molto legata per nascita, cultura ed ideologia ai valori del secolo appena passato.
Ho sì imparata ad usare il PC, ma solo come strumento che mi semplifica la vita e mi permette di farmi strada, come riesco e posso, in una comunicazione che è ogni giorno più manipolatrice e performante. Credo e spero di avere gli anticorpi per essere in grado di capire e di scegliere la parte “giusta”.
Ma le mie sono affermazioni di poco conto rispetto ad un mondo non più globalizzato e profondamente diviso e divisivo, sotto qualsiasi profilo lo si analizzi..
Che fare? Non mi è affatto chiaro.
Partirei da un valore che oggi è quasi assente: la cultura, Ne abbiamo un gran bisogno e non solo nel nostro paese.
Vedo tanti burattinai guidare masse piegate dalla povertà, dall’ignoranza e dalla fatica di sopravvivere
Grazie del commento. Come dici tu, la confusione regna sovrana, e la Cultura è una bussola indispensabile per non smarrirsi.
Caro Beppe sollevi dei dubbi più che giustificati…Il tema è complesso…Parlando di Occidente tralascio volutamente la realtà americana per diversi motivi e mi fermo all’Europa dove ci sono evidenti contraddizioni.Se si guarda alla storia stiamo vivendo un’epoca di mancanza di conflitti militari nello scacchiere europeo inteso in senso tradizionale (a meno di ricomprendere la guerra russo-ucraina come un conflitto europeo in senso ampio ma sarebbe per me discutibile)..I nostri nonni hanno vissuto due guerre con tutte le ovvie e tragiche conseguenze. che la nostra generazione ha evitato ma lo slancio europeista iniziato alla fine degli anni 50 e poi proseguito nei decenni successivi sta segnando il passo..I motivi sono complessi..Una delle cause potrebbe essere l’inglobamento degli Stati dell’ex Patto di Varsavia con storia e identità non sempre coincidenti con i valori europei.E colpisce che proprio i popoli che hanno subito una storia di limitazione democratica e nazionale siano i meno solidali(Ungheria su tutte).Sono stato a Budapest e dintorni nel 1988 prima della caduta del muro e nel 1997..Una differenza abissale dove era tangibile la voglia di recuperare il terreno perduto e la voglia di adeguarsi ai modelli occidentali con la maggior fretta possibile.Lo stesso fenomeno è avvenuto (e sta avvenendo)anche in altri paesi dell’ex blocco…Una sorta di abiura del proprio passato in cui c’è una paura inconscia (e in parte comprensibile)di ritornare a una situazione economica e politica complicata come dimostra la politica aggressiva e di chiusura verso p.es. il complesso fenomeno migratorio..
I focolai dell’intolleranza si propagano con facilità e ognuno trae forza e legittimazione nelle’essere percepito come “sentimento globale”…Marine le Pen e Orban sono geograficamente distanti ma “culturalmente”vicini come era la Meloni in un passato recente.((e si potrebbe continuare).. C’è una povertà di contenuti impressionante che fa leva sulle paure e sulla percezione della perdita dell’identità e colpisce la ripetitività ossessiva dei concetti che però fanno presa..Non stupiamoci troppo di un Vannacci…..
Peraltro il discorso va ampliato perché è sempre più un’Europa multietnica e i valori e la storia del nostro continente per certe realtà e minoranze rappresentano un terreno sconosciuto…Mancando un’identificazione viene meno la volontà di un dibattito sul passato( che oltretutto non si conosce )e di una rielaborazione attualizzata dei valori e principi sorti dai grandi movimenti culturali passati ..Semplificando agli abitanti delle Banlieues parigine interessa approfondire il pensiero dii Rousseau?
La difficoltà di condivisione dei valori va tuttavia collegata a un oggettivo sfruttamento nel mondo del lavoro generalizzato in tutta Europa con interi settori ormai di competenza di lavoratori stranieri..
C’è una logica del profitto spinta ad ogni costo ed è quasi del tutto assente la volontà (o la necessità)di una redistribuzione del reddito e di una politica sociale volta al miglioramento (e all’integrazione)delle classi sociali più disagiate…E soprattutto (come già scritto altre volte)manca anche quel sano fermento intellettuale che ha contraddistinto i nostri anni..Pensiamo ai ventenni di una volta:discussioni, assemblee,sogni e progetti .e molto altro.I ventenni di oggi non sono peggiori di allora (anzi)ma ormai sono figli di un mondo sempre più virtuale..
Se non si conosce la storia non si avverte la necessità ne di una discussione ne di un cambiamento..Forse il problema nasce qui..
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È vero, il tema è complesso e la politica è troppo preoccupata di assecondare le paure piuttosto che darsi una visione del futuro che ci aspetta, per la qualità del quale la tecnologia sarà sempre più determinante.
Grazie del commento
A presto