La zona d’interesse – un film di Jonathan Glazer

La zona d’interesse – un film di Jonathan Glazer

Aprile 26, 2024 0 Di beppe orlando

Credo che per comprendere al meglio questo film, cosí “indigesto” e disturbante, che ci racconta la banale quotidianità del comandante del campo di Auschwitz e della sua numerosa famiglia, la cui casa è separata dal campo solo da un muro di cinta, occorra focalizzare l’attenzione, non tanto su ciò che effettivamente ci mostra, ma su quello che, così abilmente, ci nasconde: l’essere umano in quanto somma e portatore di emozioni.

Sono assenti, infatti, dal racconto sia l’esaltazione ideologica all’origine dell’Olocausto cosí come la sofferenza di un’orrore che rimane costantemente confinato aldilà di quel muro di cinta che sta a rappresentare il confine protettivo della nostra “zona d’interesse” .

L’oggetto del film in realtà non è tanto Auschwitz che il film, nascondendolo alla nostra vista, riduce a mera metafora della nostra “capacità” post-moderna di anestetizzarci dal male. Il vero oggetto/ soggetto del film è infatti l’uomo moderno così incapace di provare empatia per tutto ciò che è fuori dal ridotto e triste (per assenza di emozioni) perimetro della sua esistenza, una cinica e protettiva “comfort-zone” .

Il vero orrore che il film ci fa davvero provare è quello dell’indifferenza, della convivenza anaffettiva con il male. Assuefatti, oggi, da fredde immagini di guerre tanto diffuse quanto distanti, l’orrore non ci arriva più, non scalfisce emotivamente il nostro quotidiano, rimane sepolto in quelle terre lontane insieme ai sopravissuti e ai corpi inerti di coloro che il terrore e l’orrore lo hanno provato davvero.

Un film che attualizza il genocidio ebraico, richiamando la modernità tramite la raffigurazione “aziendalista” che utilizzando master-plan, tavole rotonde, responsabili di area, obbiettivi raggiunti e relative promozioni trasforma la Shoa in un moderno progetto imprenditoriale. Una trasfigurazione moderna accentuata anche da una scenografia che sembra trasportare il racconto in una periferia urbana post industriale.

Un film straniante, quasi ossessivo grazie alla colonna sonora che attinge all’eco lamentoso dei condannati allo sterminio. Un film simile ad una medicina amara e disgustevole che cerca di guarirti, facendoti stare male.