Il Dio delle piccole cose di Arundhati Roy
Rahel , ventitre anni dopo i tragici eventi, che alla fine degli anni ‘60 l’hanno vista coinvolta, all’età di otto anni, insieme al fratello gemello Estha (vittime e carnefici allo stesso tempo), viene avvisata da una lettera della prozia, l’unica rimasta a vivere ad Ayemenem nell’India meridionale, che Estha è stato “ri-restituito” dal padre che non può più badare al figlio dovendo trasferirsi in Australia.
Rahel ritorna quindi dopo tanto tempo dal fratello gemello ad Ayemenem, teatro degli accadimenti che sono costati due vite, l’allontanamento (restituzione al padre divorziato) di uno dei gemelli, l’infanzia di entrambi e la rovina di una famiglia intera.
Inizia così la storia di una famiglia altolocata della regione del Kerala nell’India del sud e attraverso lo sguardo di Estha e Rahel il racconto, a ritroso nel tempo, dei giorni e degli eventi che hanno segnato per sempre il loro destino: una storia secolare di divisioni in caste, di toccabili ed intoccabili “fu sorpresa, in un solo attimo evanescente, con la guardia abbassata. Velutha alzò gli occhi e vide cose che prima non aveva visto, che erano fuori portata, occultate dai paraocchi della storia. Ammu vide che lui aveva visto e distolse lo sguardo e risalì nella veranda, tremando….”
Il mondo delle Grandi Cose è quello dei grandi temi universali, delle ideologie, delle religioni, che, anziché migliorare la condizione umana, si traducono in ingiustizie, prevaricazione del potere e privazione della libertà.
L’autrice, “Davanti al tempio del violento, ridicolo e velleitario tumulto di una nazione, dove il Grande Dio ulula come il vento ed esige adorazione, ci offre, in questo libro, la suggestione di un altrove fatto di Piccole Cose, dentro e fuori di noi, dove ricercare la magia perduta, dove “niente contava molto e molto contava niente”
E chi meglio di un paria, l’ultimo degli ultimi, privo per nascita di uno status sociale poteva rappresentare il Dio delle Piccole Cose?
E poiché la predisposizione istintiva, la sensibilità e l’immaginazione necessarie per riconoscere nelle piccole cose l’essenza stessa della vita, sono costitutive dell’infanzia, ecco che l’autrice sceglie di scrivere questa storia attraverso lo sguardo dei due gemelli Estha e Rahel ed il racconto procede come procederebbe, apparentemente senza un filo logico, la mente di un bambino: per frammenti immaginifici, stati d’animo e paure esorcizzate dalla fantasia, rinviando all’età adulta dei due protagonisti ovvero all’ultima parte del libro, sia la composizione, in un disegno compiuto, delle esperienze vissute , che l’inevitabile resa dei conti: “Silenzio e Vuoto. Non vecchi, non giovani, ma vitalmente morituri”
Una scruttura caleidoscopica grazie alla quale pare che ogni cosa abbia un’anima e che contribuisce non poco a rendere unico questo libro superbo.