La strada di Francesco

La strada di Francesco

Aprile 24, 2025 4 Di beppe orlando

Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata, aggrappata alle sue sicurezze, chiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Spesso ci comportiamo come controllori della grazia altrui, ma la Chiesa non è una dogana, è la Casa del Padre dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”.

Così scriveva nel 2013 Papa Francesco, tracciando con queste parole la strada “rivoluzionaria” che la Chiesa doveva percorrere: non più una Chiesa immobile che accetta solo chi si riconosce nei “principi non negoziabili” , dove la rigidità della norma diventa chiusura e allontana da sé, ma una Chiesa che esce nelle strade, che si sporca con le difficoltà della vita, fino alla miseria non solo materiale, di ciascuno di noi, nessuno escluso.

Ma l’aspetto davvero rivoluzionario è il tentativo, non più rinviabile per una Chiesa che in Occidente conta sempre meno vocazioni e fedeli, di confrontarsi con la complessità della modernità, dove la semplice divisione tra “bene” e “male” si rivela sempre più uno strumento inservibile nella parte di mondo, libero ed individualista (nel senso dell’autodeterminazione), delle nuove forme di affettività e dello stare assieme e dove la tecnologia apre nuove frontiere (certo da disciplinare, ma non da rifiutare in toto) ad una maternità estesa e responsabile e alla “qualità” del fine vita : “Chi sono io per giudicare?” diceva spesso Francesco.

Un’allocuzione che ribalta di trecentosessanta gradi il paradigma del peccato che, mettendo in secondo piano l’aspetto della violazione della norma da sanzionare, pena l’esclusione, riconosce la “fatica del vivere” come attenuante della mancata adesione ad un comportamento virtuoso. Una postura non più da “controllori” , per riprendere il concetto espresso dal Papa., ma l’ approccio opposto che, nel tentativo di comprendere, sospende il giudizio, perché quello che conta davvero è il recupero dell’anima.

Da qui l’attenzione continua per gli ultimi della terra, per i migranti, per i carcerati: “Perché loro e non io? “ diceva Francesco nell’ultima visita a Regina Coeli , proprio qualche giorno prima di morire. Una radicalità di pensiero e di azione mutuata dalla radicalità del Cristo che gli consentiva di affrontare, proprio con la forza della ragione di un umanesimo cristiano, i potenti della Terra e le loro politiche disumane condotte nel nome di un Dio guerriero, esercitando di fatto e in solitaria quell’Autorità Morale che non ha mai avuto bisogno di essere riconosciuta data la sua forza primigenia e che è stata la vera cifra del suo magistero.

Papa Bergoglio si è fatto Francesco per “spogliare” la Chiesa, denudandola dei misteri e delle trame che da sempre ne caratterizzano le gerarchie e renderla trasparente nella sua semplice vocazione umanitaria. Una Chiesa che rinunci il più possibile alle forme e all’estetica del Potere per abbracciare il potere diffuso dell’Umanità intera . Cosa resterà delle fatiche di Franciscus lo sapremo tra pochi giorni. Sapremo se il coraggio di Bergoglio avrà un seguito sufficiente per traghettare la Chiesa nella modernità ed esserne protagonista con l’autorevolezza e la misericordia del suo messaggio originario, affinché la tecnologia non perda di vista l’umanesimo nell’edificazione del futuro o se al contrario prevarranno le forze ostili al cristianesimo povero ed in purezza predicato da Francesco e che guardano con nostalgia al passato, le stesse che purtroppo stanno crescendo nel mondo con la forza dei nazionalismi, in nome di un Dio identitario e divisivo, realizzando così un unione di intenti ed un abbraccio “ideologico” che può risultare mortale. Un vero e proprio de profundis per i veri valori cristiani.