I Partiti e la politica in outsourcing

I Partiti e la politica in outsourcing

Gennaio 30, 2023 0 Di beppe orlando

I partiti politici e la politica dovrebbero essere legati da un rapporto di causa ed effetto, quasi osmotico: “I cittadini associandosi in partiti concorrono a determinare la politica nazionale(art.49 cost.)” Ma, in realtà, a dispetto della “consecutio” etimologica, la distanza che i partiti hanno messo tra loro ed un pur minimo processo di elaborazione concettuale della realtà non potrebbe essere più netta, cosicché la politica, intesa come attività intellettuale di studio, analisi e progettazione smette di rappresentare il “core business” dei partiti, la base “scientifica” su cui fondare i conseguenti atti “politici”.

Ma, per fortuna, mentre la classe politica si libera del fardello, così ingombrate, del “sapere” , esiste una rete diffusa di organismi di ricerca politica che si occupano di studiare l’interazione tra l’uomo, la società e l’ambiente all’interno di un campo di analisi più ampio dell’orizzonte nazionale, come per esempio quella pubblicata da Neodemos dal titolo “Geodemografia 2022” . Tra i 22 articoli pubblicati di portata internazionale c’è n’è uno che evidenzia più di altri il distacco dei partiti politici dalla realtà:

Verso un’Europa e un’ Italia con demografia insostenibile”:

L’Europa ospita il 10% della popolazione mondiale, produce il 20% del PIL, ma la sua spesa per il welfare è il 50% di quella mondiale. Il modo di vita degli europei è strutturato attorno a un grande patto fra le generazioni, costruitosi nel corso del Novecento. Gli adulti, produttori di reddito, attraverso il prelievo fiscale e i contributi pensionistici sostengono il benessere di bambini e anziani, ossia di quanti il reddito non sono ancora o non sono più in grado di produrlo. Quindi, per mantenere il nostro welfare, i produttori di reddito devono essere sufficientemente numerosi per poter sostenere i consumatori di welfare.

Quando parliamo di welfare europeo dobbiamo quindi parlare anche di demografia. La sfida che attende l’Europa nei prossimi decenni è simile a quella faticosamente vinta da Enea, quando riesce a scappare da Troia in fiamme, malgrado l’impaccio di Anchise e di Ascanio. Riuscirà l’Europa a salvarsi, portando con sé anche le statuette dei Lari familiari, ossia lo spirito di un’Europa solidale? In Europa e in Italia l’equilibrio fra le generazioni si è modificato, ma assai più profondamente si modificherà nel prossimo futuro. In Europa fra il 1960 e il 2020 l’indice di dipendenza – il rapporto fra le potenziali “bocche da sfamare” di età 0-19 e 70+ e i potenziali lavoratori di età 20-69) ha continuato a diminuire, perché sono diventati adulti i figli del baby boom (nati nel 1950-75), mentre il continuo
aumento degli anziani è stato compensato dalla rapida diminuzione dei giovani. Nella seconda metà del Novecento la demografia è stata quindi particolarmente favorevole per lo sviluppo economico, e il welfare è stato sostenibile.
Nel prossimo trentennio, invece, se le previsioni delle Nazioni Unite si realizzeranno, l’indice di dipendenza aumenterà, perché gli adulti diminuiranno rapidamente (2 milioni e 400 mila persone in età 20-69 in meno ogni anno), mentre i figli del baby boom diventeranno vecchi (un milione e 800 mila ultra-settantenni in più ogni anno). Nel 2050 in Europa vi saranno 70 “bocche da sfamare” ogni 100 persone in età di lavoro, mentre oggi ce ne sono 53.
La sfida da affrontare per l’Italia è ancora più complicata. Fino a oggi, l’indice di dipendenza del nostro paese è stato simile a quello dell’Europa. Ma da qualche anno l’Italia vive in una “tempesta demografica perfetta”, che rischia di determinare indici di dipendenza molto più elevati rispetto alla media europea: nel 2050, 82 persone da accudire ogni 100 persone in età da lavoro, contro 70 su 100 nella media della già vecchia Europa. L’invecchiamento fino al 2050 sarà legato a quattro aspetti: una struttura per età favorevole all’incremento degli anziani; l’aumento della sopravvivenza degli anziani; una prolungata bassa fecondità; saldi migratori negativi o solo debolmente positivi per i giovani e per gli adulti. Queste quattro componenti vanno tutte nella stessa direzione, determinando l’accentuato invecchiamento di tutte le regioni italiane. La struttura per età è un dato di fatto, e la sopravvivenza speriamo tutti aumenti ancora. Per contrastare l’invecchiamento e favorire – ora e in prospettiva – l’incremento della popolazione in età lavorativa, bisogna agire sulle altre due leve, aiutando le coppie che vogliono avere figli e favorendo un ragionevole flusso di immigrazioni regolari.
Ma per fare questo, ci vogliono politiche forti, lungimiranti e stabili.

Come sostiene l’estensore dell’articolo occorrerebbero politiche di forte impatto che vedano lontano e che fossero durature. Un ‘utopia, quindi, visto che la nostra classe politica “non studia”. Tant’è vero che i provvedimenti licenziati non fanno che andare tutti in “direzione ostinata e contraria” (De André mi perdonerà..) : aumento dell’età pensionabile, criminalizzazione dei flussi migratori, precarietà del lavoro che disincentiva l’aumento delle nascite, etc…non intendendo affatto, con questi, rispondere al problema ma unicamente alle impellenti esigenze di consenso, con i risultato di aggravare il problema anziché risolverlo.

La prima delle riforme “istituzionali” da fare è la “Legge sui Partiti” per tradurre in norme il dettato costituzionale e dare finalmente alla Politica e a chi se ne occupa la dignità che merita.