Il senso della Sinistra nel terzo millennio
Viviamo nell’epoca della scomposizione di forme consolidate. Come un ghiacciaio aggredito dal cambiamento climatico, la moderna società vive una continua trasformazione (tanto repentina quanto incerta) del proprio sky-line identitario che non si staglia più con forme nette e conosciute. La nostra é l’epoca del grigio, in cui la divisione manichea tra bianco e nero non basta più, e le vecchie e rassicuranti categorie ci appaiono, ormai, strumenti vetusti, incapaci a mediare tra la realtà e le nostre convinzioni e quindi insufficienti per comprendere e giudicare.
Le forme del lavoro e delle classi sociali, della produzione e della distribuzione, delle famiglie e dell’identità sessuale, dell’informazione e della conoscenza, subiscono modifiche indotte sia dalle nuove tecnologie che da nuovi bisogni, nell’immobilismo della politica. Un melting-pot globale dove tutto ci appare interconnesso ed inestricabile al tempo stesso, nuovo nelle opportunità ma senza le regole (la politica) necessarie per renderle giuste e accessibili a tutti e non invece foriere di nuove diseguaglianze. In questo viaggio verso l’ignoto, dove persino la realtà diventa immateriale, e la verità un’opzione, ci sarebbe bisogno che la politica indicasse una rotta, che piantasse delle pietre miliari come argine all’ all’imbarbarimento. Ma la politica, invece arranca, in crisi di progetti e idealità. A destra per un rifiuto antropologico ai cambiamenti, a sinistra per l’affannosa ricerca di un fantomatico santo graal identitario, quando invece il senso del suo esistere è semplicemente immanente al cambiamento stesso. Si discute spesso se abbia senso pensare che Destra e Sinistra valgano ancora come categorie politiche, vista la confusione imperante o se anch’esse debbano ritenersi superate. Credo che proprio le trasformazioni in atto possano rappresentare il terreno ideale per capirlo. Se c’è (e a parer mio, di differenze ce ne sono, eccome..) una diversità qualificante tra destra e sinistra, in grado di smontare questa tesi, è proprio l’approccio “culturale” nei confronti dei cambiamenti in genere.
Non che la sinistra non abbia alcun mea culpa da recitare, soprattutto per mancanza di coraggio, ma credo che la Destra, proprio per la sua “natura”, sia molto meno attrezzata “culturalmente” rispetto alla sinistra, per accettare ed adeguarsi alle trasformazioni in atto, e questo per un motivo ben preciso. La cosiddetta cultura di sinistra, quella che secondo la destra avrebbe causato così tanti danni quanto lunga ed estesa sarebbe stata la sua egemonia, ed alla quale, cerca, goffamente (vedi l’elezione di Dante a padre del pensiero di destra…) di sostituirsi, è la cultura che mette al centro l’essere umano, erede dell’Umanesimo e dell’Illuminismo, oltre che del Cristianesimo. La cultura che ha sempre raccontato e racconta con la parola scritta, il cinema, il teatro e la musica, l’avventura umana e la sua eterna lotta per la libertà e per una società più giusta ed uguale. La cultura che rifiuta le verità assolute, affidando alla scienza la ricerca di quelle relative.
Aldo Schiavone nel bel libro “Sinistra! Un Manifesto” scrive: “La sinistra non può esistere senza nuovo pensiero, e oggi come non mai, invece per la destra – in genere per ogni destra – è diverso: ne ha minore necessità, in particolare se non governa. Poiché essa ritiene in sostanza, sia pure in modi diversi, che sia la tradizione a doversi fare regola del presente e che il passato, anche oggi, e persino (soprattutto aggiungo io) oggi, sia un serbatoio di ricette molte delle quali spendibili, ha bisogno più di credere nella propria memoria che di mettere a fuoco i cambiamenti, dandosene una teoria razionale…….una guida sempre pronta e a portata di mano, perché la storia appare in quella prospettiva come un luogo di certezze e di identità acquisite una volta per tutte, e non un territorio continuamente da scoprire e da esplorare, che muta con il trascorrere delle stagioni e con il variare dei punti di osservazione da cui lo si guarda.…alla destra i dubbi e i distinguo importano poco, le basta mobilitare il passato, anche si si tratta solo di un pezzo del passato, spesso il più discutibile, purché presentato come il luogo di verità consolidate e mandarlo in battaglia contro le novità, le oscillazioni, il non finito, l’inevitabile insicura magmaticità del presente: e il gioco è fatto……E’ sulla cultura della trasformazione che ogni movimento progressista dovrebbe sfidare la destra, e soprattutto dovrebbe riuscire a mettere all’angolo una destra al governo, che particolarmente in Italia non ha gli strumenti, a meno di negare se stessa, per stare dentro al vortice del presente e capirne il senso e la portata. E’ essa stessa una figura del declino italiano, e non la forza che ce ne farà tirar fuori..”
Non si poteva descrivere meglio, per usare sempre le parole di Schiavone, “questa fondamentale diversità di postura intellettuale, questo differente bisogno di nuovo pensiero, fra desta e sinistra, che non indica valori e disvalori, ma solo due atteggiamenti di fronte al presente, nettamente distinti.”