Napoli – New York – un film di Gabriele Salvatores
Ancora Napoli. Dopo quella metafisica di Sorrentino dove il sogno è luogo e linguaggio, ecco la Napoli stracciona, uscita dalla guerra, che il sogno lo insegue attraversando l’oceano nelle stive di una nave.
Salvatores ci regala una favola dalle atmosfere dickensiane che sembrano cucite su misura dei due piccoli e bravissimi interpreti, perfetti nell’ incarnare la coraggiosa (e bonaria) sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere, presi sotto l’ala protettiva del finto burbero/commissario di bordo, una sorta di angelo custode, interpretato in maniera sublime da un poliedrico Favino che non finisce più di stupire.
A metà strada tra Paisà e Miracolo a Milano, passando per Oliver Twist, Napoli-New York, attraverso la storia dei due orfanelli, oltre a raccontarci un pezzo della storia d’Italia, ci racconta del genere umano e dell’eterna lotta tra i diritti ed il pregiudizio anticamera della loro negazione e soppressione.
Lo sguardo di Salvatores che riesce a tenersi in equilibrio tra la denuncia e la retorica dei buoni sentimenti, pur non risparmiandoci immagini forti come lo sbarco degli italiani con i loro pochi averi, così simile a quello degli ebrei dai vagoni diretti ad Auschwitz, vede la salvezza nelle “magnifiche sorti e progressive” dell’essere umano, capace di trovare dentro di sé quell’innato senso di giustizia e umanità messo troppo spesso a dura prova.
Uno sguardo sognante, con la potenza e la magia del Cinema vero ponte, come quell’oceano, tra sogno e realtà. Un inno all’uguaglianza di tutti gli esseri umani e tributo a quell’ America che abbiamo conosciuto come patria dei diritti e luogo delle opportunità, ruolo al quale oggi, invece, sembra abdicare. Una favola di altri tempi che proprio mentre richiama e crede nella parte migliore di noi, ha quasi il sapore dell’ultimo appello.