Se la democrazia rinuncia alla giustizia
Avevano ragione, eccome, gli insurrezionalisti che quattro anni fa cercarono di ribaltare con la violenza l’esito delle elezioni presidenziali e soprattutto ce l’aveva Trump, l’istigatore e l’ideatore di quello che a tutti gli effetti era e rimane tutt’ora un tentativo di colpo di stato. Non erano quindi loro, i golpisti di Capito Hill, ad avere torto , se quattro anni dopo il responsabile di quanto accadde ha ottenuto la maggioranza dei voti, se il sistema democratico americano gli ha consentito di non rispondere delle sue azioni e quindi di ricandidarsi. Siamo noi ad aver sbagliato, noi ingenui amanti della giustizia che credevamo e vogliamo credere ancora che la democrazia ne sia la naturale anticamera e che abbia ancora gli anticorpi per resistere alle sue forzature.
Se c’è un’immagine che più di ogni altra rende plasticamente il passaggio epocale delle democrazie tra il novecento e l’inizio del terzo millennio è quella che riprende l’assalto a Capitol Hill del 2020 . Il contrasto così stridente tra il nitore austero e sacrale dello storico palazzo del governo, saldo e solido nella sua autorevolezza ed il bivacco disordinato e multicolore degli assedianti sembra quasi certificare un vero e proprio passaggio di stato della materia della quale è intessuta la democrazia, la rottura insanabile di un sistema , il passaggio di consegne tra l’ordine (costituito) e il caos in una sorta di nuova epifania che estende la sua ombra mefitica sull’intero Occidente. Un nuovo inizio che arruola la violenza come metodo politico e che credevamo possibile solo ad altre latitudini. Un atto violento senza colpevoli, che dopo quattro anni, perde quasi per magia la carica eversiva perché legittimato e giustificato dal voto. Un lavacro purificatore che lo esenta da colpe e lo trasforma nel prequel del racconto di un potere che alla stregua di un parassita usa gli strumenti della democrazia che lo hanno generato, svuotandola di significato , per farsi assoluto, assoggettando la Legge.
Il dio della democrazia se esistesse andrebbe raffigurato come un Giano Bifronte: uno sguardo all’esercizio del Potere e l’altro alla Giustizia. Potere e Giustizia, Potere e Diritto o Diritti che da esso derivano. Un binomio inscindibile se non si vuole rendere la democrazia qualcosa di diverso. Le limitazioni del potere conditio sine qua non per la realizzazione del principio democratico: un potere esercitato a garanzia dei criteri di uguaglianza nel godimento dei diritti e di fronte alla legge (Costituzione) che diventa così strumento principe per tradurre la democrazia e nemico principale per chi la avversa.
È questo strettissimo legame tra la forza (delegata) del potere (classe politica) e quella (naturale) della Costituzione, infatti, che è stato forzato negli Stati Uniti e che è a rischio anche in Europa dove non mancano gli aspiranti autocrati e dove la Giustizia appare sempre più come l’ultimo fortino a difesa delle democrazie liberali fondate sulla divisione dei poteri. Chi ha in uggia la divisione dei poteri e aspira ad accentrarli sa esattamente dove colpire per tagliare le gambe alla democrazia. Non sono così sicuro che tutti i suoi difensori ne siano altrettanto consapevoli.