Fuga nel passato – identità della Sinistra cercasi

Fuga nel passato – identità della Sinistra cercasi

Dicembre 31, 2022 0 Di beppe orlando

Dobbiamo dedurre, quindi, che la sinistra soffre di una certa forma di inadeguatezza? che rappresenti un orizzonte tanto ideale, quanto incapace ad indicare la rotta e la meta ad un “mondo” che sembra aver perso punti di riferimento certi e accettati? Non si spiegherebbe altrimenti la piega di stampo conservativo, una fuga dalla realtà alla ricerca dell’identità perduta, che rischia di prendere il dibattito pre-congressuale del Partito Democratico. Se la Sinistra torna a farsi “parte” di un tutto, riducendosi a puro steccato dal sapore vagamente novecentesco, non fa né i suoi interessi e né quelli del tutto: una ridotta, nobile quanto si vuole, ma destinata, in progress, all’irrilevanza.

Davvero qualcuno nel Pd pensa di recuperare terreno (o toglierlo al “movimentismo populista) viaggiando a ritroso nel tempo e bardandosi da dura e pura in una logica classista fuori tempo massimo? Tutto muove dalla sconfitta elettorale, letta, ahimè dal maggior partito della Sinistra , con la lente distorta dell’introspezione identitaria anziché, molto più prosaicamente e realisticamente, con le divisioni antropofaghe del “campo progressista” figlie a loro volta della fine anticipata ed irresponsabile dell’esperienza Draghi, causata, questa, dalle turbolenze elettorali di partiti in crisi di consenso.

Come ho avuto già modo di scrivere, con questo, non intendo certo dire che che il Partito Democratico sia un partito in salute, ma semplicemente che la causa della sconfitta è da ricercarsi altrove e principalmente in un sistema elettorale che favorisce la frantumazione dell’offerta politica e la conseguente fusione imperfetta di diverse sensibilità (a proposito di identità), e che sancisce la sconfitta di chi (a turno) non si adegua.

Una crisi identitaria, quella del Pd, quindi, generata dalla sconfitta e non viceversa. Una reazione che, come una cartina al tornasole, evidenzia, invece, il vero problema della politica in genere: il consenso come unico collante identitario.

Se sbagli a leggere un dato, quello che ne consegue non può che essere viziato dall’errore iniziale, ed è quello che sta accadendo al Pd, che, in una sorta di autoanalisi quasi catartica, sembra voler imboccare la strada (comoda) del ritorno alle origini, un percorso che da salvifico rischia, invece, di rivelarsi fatale. Il vero problema del Pd, che non vuole affrontare, preferendo rispolverare il proprio personale Pantheon, è l’incapacità a leggere i cambiamenti della società, le trasformazioni di un mondo che muta con una velocità esponenziale e senza chiedercene il permesso.

Può bastare davvero una Carta dei Valori, anche i più nobili, per presentarsi degni della fiducia di chi in questi anni l’ha persa o, eroicamente, resiste, obtorto collo? La tutela di chi ha meno, il lavoro che faccia rima con dignità e non più con precarietà, la giustizia sociale, la libertà, i diritti, la democrazia sostanziale oltre che “nominale”, sono degli obiettivi (peraltro non del tutto ascrivibili alla sola sinistra) che rischiano però di rimanere delle scatole vuote, se non li si traduce in concretezza progettuale.

Prima di pensare a cosa si è, o immediatamente dopo, occorrerebbe pensare a come tradurre quei valori in risultati concreti e compatibili con la complessa realtà di oggi fatta di vincoli europei (debito), ambientali (cambiamento climatico, tutela del territorio). geopolitici (immigrazione, conflitti). demografici (denatalità e welfare) e di storiche incapacità strutturali (disoccupazione giovanile, evasione fiscale, burocrazia, concorrenza, giustizia, criminalità) e gap da colmare (ricerca, scuola, dati, reti digitali). Ecco la strada, lunga e faticosa, ma anche entusiasmante, che la Sinistra può e deve percorrere, guardando avanti e non indietro, per edificare, così, assieme ad una nuova società, anche la propria identità.