La rivincita della (mala) Politica

La rivincita della (mala) Politica

Dicembre 10, 2023 0 Di beppe orlando

Il disegno di riforma costituzionale

Una politica prigioniera di quel consenso che più insegue e più le sfugge, incapace di comprendere il presente e di progettare il futuro, decide di riformare non  se stessa ma gli Istituti che l’hanno regolata fino ad oggi, nati con l’Assemblea Costituente, i cui componenti si guardarono bene dallo scegliere una Repubblica di tipo presidenzialista dopo vent’anni di una concezione populista, fideista, al limite del sacro,  del rapporto tra Popolo e Leader.

Si sbandiera un problema (vero, grave ed esiziale), come quello del rapporto tra rappresentanza e governabilità per giustificare un disegno autoritario, che non potrà che aggravare lo stato di degrado democratico. La debolezza dell’esecutivo come pretesto per un suo rafforzamento realizzato sottraendo poteri alla figura di garanzia del Presidente della Repubblica, l’unica che in questi anni di “debolezza” del sistema ha consentito una continuità legislativa ed esecutiva grazie a figure “esterne” ai partiti, i cosiddetti “tecnici” , possibilità che il disegno riformatore ha deciso di eliminare. Con questa riforma, non si mira ad intaccare il vero problema, causa della debolezza della nostra politica, litigiosa ed inconcludente, preferendo, al contrario, eliminare gli “Istituti di garanzia” che quella debolezza hanno in questi anni puntellato, con il risultato di cancellare la cura (ancorchè solo sintomatica) anzichè la malattia.

Una “revenche” di quella classe politica, che in questi anni ha addossato il declino di un Italia,sempre più povera e confusa, al “colpo di stato” , all’esproprio della politica da parte di un’elite “tecnica”, non eletta , e quindi, illegittima per definizione, viene presentata come una rivoluzione incruenta per la consegna tardiva ma finalmente definitiva del “potere al popolo”, come se in questi anni a quel popolo fosse stato sottratto il diritto al voto e non fosse vero, invece, che dal 1992 in trent’anni le elezioni legislative sono state ben dieci (una ogni tre anni). La realizzazione della democrazia, non più attraverso la mediazione di corpi intermedi (parlamento) che avrebbero dimostrato i loro limiti, ma nell’unione ideale tra popolo e capo del governo officiata dall’elezione diretta in un’ investitura quasi spirituale. Per realizzare compiutamente la democrazia diretta, la simbiosi tra il popolo ed il suo leader, occorre però che la democrazia sia un pò meno democrazia. E allora ecco la maggioranza assoluta dei seggi (55%) assegnata al partito/coalizione più votati, senza che sia stabilita una soglia minina di voti (ipotesi già bocciata dalla Corte Costituzionale) con il rischio (desiderio?) di assegnare un potere illimitato ad una minoranza (20-30% dei voti).

La proposta di riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del Capo del Governo, altro non è che un esercizio degno del miglior trasformismo gattopardesco. Un nuovo vestito, dal disegno populista, sotto il quale celare e riproporre abilmente lo stesso “vizio” che da decenni ormai logora il funzionamento della nostra “architettura democratica” fino a deformarne la sostanza. Un’alterazione del sistema che ha trasformato la forma associazionistica (forma partito) che la Costituzione (art.49) prevede, affichè i cittadini possano concorre in modo democratico a determinare la politica nazionale, in un potere assoluto dei partiti, diventati di fatto un nuovo potere istituzionale in grado di determinare, fino ad asservirli, quelli la cui autonomia è garanzia costituzionale di effettiva democrazia: legislativo, esecutivo e giudiziario. Da qui la debolezza del sistema che da almeno trent’anni fatica a tradurre la rappresentanza in azione governativa ostaggio dello strapotere dei partiti, dediti, nella loro autoreferenzialità, alla logica perversa del consenso che tutto determina, comprese le regole democratiche (legge elettorale..).

In nome del “primato della politica” , dopo anni di supplenze tecniche, che hanno dimostrato quanto il Re (della politica) sia nudo , e forse proprio per questo, è tempo ora di Restaurazione. L’eco assolutista, “L’Etat, c’est moi!” , risuona grave tra le articolazioni del disegno di legge di riforma costituzionale attualmente in discussione alla Commissione Affari Costituzionali: “Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica”, definita dalla Premier la madre di tutte le riforme.